Secondo il D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, ogni azienda è tenuta a proteggere il proprio patrimonio informativo; per farlo è necessario imparare a usare in modo corretto tecnologie e procedure per la protezione dei dati. Per esempio, le indicazioni del Regolamento Generale UE n. 2016/679 sulla protezione delle informazioni (GDPR) offrono importanti linee guida per garantirne la sicurezza.
Considerati i cambiamenti che stanno interessando l’attività lavorativa con la maggior diffusione dello smart working, la protezione dei dati è diventata un questione molto stringente. A tal proposito, di particolare interesse è un documento del CNI “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”.
Nel testo viene sottolineato come la trasformazione digitale del lavoro abbia cambiato la gestione dei dati e influito sui costi per la protezione dai cyber-attacchi. Inoltre, non è semplice far conciliare lavoro agile e salvaguardia dei dati, soprattutto perché i controlli sul web vanno eseguiti nel rispetto della privacy. Se per certi versi gli strumenti tecnologici possono migliorare la comunicazione, dall’altra costituiscono causa di criticità e stress. Nel documento si rammenta anche che secondo l’art. 4 dello statuto dei lavoratori, esiste il divieto di utilizzare strumenti di controllo a distanza dei lavoratori.
Tra i pericoli connessi a questa tipologia di lavoro troviamo anche la gestione impropria dei dati da parte dei dipendenti; per esempio, accedendo dai propri dispositivi essi potrebbero mettere a rischio informazioni importanti relative all’azienda.
In conclusione, occorre una revisione dei criteri di accessibilità e di gestione delle informazioni, attraverso la formazione dei lavoratori sulle procedure da attuare. Per garantire la sicurezza, dunque, è bene prevedere appositi spazi dove sistemare i dispositivi di lavoro, adottare maggior prudenza e affidarsi anche a impianti di allarme e sorveglianza.