Tra le malattie professionali denunciate più di frequentemente risulta l’ipoacusia da rumore, questo dato conferma che l’esposizione a rumori di elevata intensità costituisce un potente fattore di rischio di cui è necessario tenere conto nella valutazione dei pericoli a cui può andare incontro il lavoratore. Partendo dalla conoscenza del fenomeno, è fondamentale pensare a misure di prevenzione e adottare strumenti utili a proteggere i dipendenti durante lo svolgimento della loro prestazione lavorativa.
L’esposizione ripetuta e prolungata a rumori forti può danneggiare l’apparato uditivo, tra le possibili conseguenze si annoverano: il trauma acustico, spesso prodotto da una singola esposizione a livelli sonori talmente elevati da provocare la rottura del timpano; lo spostamento temporaneo della soglia uditiva (ipoacusia transitoria) che causa una riduzione della capacità uditiva limitata nel tempo, e di solito è causata da esposizioni brevi a suoni di altezza elevata, e lo spostamento permanente della soglia uditiva (ipoacusia permanente), un danneggiamento irreversibile prodotto da rumori particolarmente intensi.
Tra gli effetti collaterali causati dall’esposizione al rumore, che non sono direttamente connessi con l’udito, risultano l’aumento della frequenza cardiaca e della pressione, patologie del sistema nervoso e neurovegetativo come vertigini ed emicrania.
Per una valutazione ottimale del rischio da esposizione al rumore è importante considerare i seguenti parametri: la pressione acustica, il livello di esposizione quotidiana e quello settimanale.
Infine, per prevenire qualsiasi danno, il datore di lavoro può intervenire adottando misure organizzative quali: un’organizzazione del lavoro che preveda un’esposizione minima e la scelta di attrezzature silenziose. Ai fini della protezione acustica collettiva è importante svolgere regolare manutenzione della strumentazione e degli impianti, oltre a fornire dispositivi di protezione individuale, come cuffie e auricolari.